IL MEDITERRANEO FUTURO È GIA’ QUI di Carlo Di Carluccio con le fotografie di ©Ludovico Brancaccio
Mediterraneo NEXT, per capire meglio cosa ci aspetta e cosa stiamo già vivendo riguardo ad ambiente, economia, migrazioni, cultura.
L’incontro-dibattito realizzato dall’associazione Lo Cunto, che si è tenuto il 7 ottobre a Palazzo Reale nell’ambito del “Campania Libri Festival”, aveva un obiettivo ambizioso: ricomporre il puzzle, complesso ma affascinante, dei “tanti mondi” che formano il Mediterraneo. Il mare e l’ambiente, l’impatto che ha il cambiamento climatico sulle specie animali e vegetali, l’economia del mare tra le terre e il racconto dei bisogni e del dolore che accompagnano i migranti che l’attraversano.
L’intento di Mediterraneo Next, curato e moderato da Nicola Saldutti, caporedattore Economia del Corriere della Sera e dalla giornalista Patrizia Varone, era quello di rispondere ad alcune domande che ci riguardano: cosa sta accadendo al Mediterraneo? Quanto ha inciso l’uomo sul cambiamento climatico? Ma, soprattutto: cosa si può fare?
“Il Mediterraneo – spiega Ugo Leone, già docente di Politica dell’Ambiente all’Università Federico II – è un piccolo quartiere del Villaggio Globale ed è sempre stato fragile. Dopo l’Artico, oggi è l’area più a rischio del pianeta, un solo grado di aumento della temperatura avrà effetti devastanti sulla sua biodiversità. Ma non bisogna mettere sullo stesso piano allarmismo e allarme, la vittoria è possibile”.
Nicola Saldutti ha rafforzato questo concetto, sottolineando che “i pessimisti del clima sono molto pericolosi perché stanno diffondendo l’idea che ormai non si può fare più nulla. Non è così, ma bisogna fare in fretta”.
Che bisogna mettere il piede sull’acceleratore per evitare la catastrofe lo ha evidenziato anche Maria Cristina Gambi già ricercatrice presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli che, dati alla mano, ha dimostrato che “il riscaldamento del Mediterraneo è già una realtà. E che il Golfo di Napoli, per le sue caratteristiche, è uno dei laboratori naturali migliori al mondo per studiare gli effetti del cambiamento climatico di qui al 2100”.
L’economia del Mediterraneo ha una sua rilevanza mondiale, come ha sottolineato Massimo Deandreis direttore generale di SRM, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo: “Il Mediterraneo, rispetto agli Oceani, è un piccolo lago che però rappresenta il 20% del traffico marittimo mondiale e si trova al centro di un’area economica che ha un PIL di 24 trilioni di dollari, come gli Stati Uniti e più della Cina. Va accelerata la conversione alle energie rinnovabili, l’eolico, l’energia solare, nelle quali entrambe le sponde del Mediterraneo possono giocare un ruolo di produttori importante, grazie alle caratteristiche ambientali. Per l’Italia la sfida alla transizione energetica può diventare trainante, soprattutto per il sud dove porti come quello di Napoli possono aumentare la loro vocazione naturale di Hub di connessione verso il Nord Africa”.
Alessio Scanziani ingegnere energetico della IEA (International Energy Agency), collegato in video, ha portato molti dati per rafforzare alcuni concetti chiave: “La temperatura nel mondo sta aumentando a causa del gas serra. Il Mediterraneo da solo produce il 6% del gas serra ma per fortuna le energie rinnovabili aumentano soprattutto nella produzione di elettricità. L’obiettivo è arrivare a Net zero, cioè emissioni zero, triplicando le energie rinnovabili entro il 2050. È un obiettivo raggiungibile, ma è fondamentale la cooperazione fra Stati, perché le emissioni non hanno passaporto”.
Il cambiamento climatico influisce sui flussi migratori nel Mediterraneo. Tuttavia, Pietro De Lellis, docente di sistemi dinamici al dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione dell’Università Federico II, racconta che: “Già nell’Antica Roma il poeta Marco Pacuvio diceva che la Patria è ovunque si sta bene. Dunque popolazioni alla ricerca di condizioni di vita migliori ci sono sempre state, ma il quadro oggi è più complesso. Gli incendi, la siccità, le inondazioni legate all’aumento della temperatura accrescono la povertà, le diseguaglianze, portano guerra e le popolazioni si spostano verso luoghi migliori o che si crede migliori, come l’Europa, passando per l’Italia che è l’approdo più vicino. Le migrazioni, però, – conclude De Lellis – non possono trovare soluzioni emotive o ideologiche. Vanno analizzate e gestite in modo scientifico. L’Università Federico II, insieme ad altri Atenei americani, raccoglie dati, produce modelli matematici, estrae legami di causa-effetto proprio per individuare le aree più vulnerabili e capire come gestire i flussi anche in accoglienza. Purtroppo non è semplice trovare degli interlocutori perché la migrazione delle idee è sempre la più difficile”.A parlare di migranti che arrivano in Italia dopo il tragitto nel Mediterraneo è Marina Castellano, responsabile medico di Medici Senza Frontiere, collegata in video: “Arrivano dalla Siria, dal Pakistan dall’Iran. Sono stremati, affamati, assetati, confusi, addolorati. Come tutti quelli che devono abbandonare le loro case, il proprio Paese. Hanno ferite infette per la cattiva igiene, problemi gastro-intestinali perché non mangiano da giorni, oltre alle ferite dell’anima”. Indimenticabile il ricordo del piccolo Aylan, tre anni, che è stato trovato morto su una spiaggia in Turchia. Un racconto ancora più intenso e vivo grazie all’impatto e al valore culturale e di trasmissione di conoscenza che hanno le fotografie. Ne ha parlato Francesca Marra, direttore del Greenze Arsenali Fotografici di Verona.
Ma per capire meglio il futuro Mediterraneo non possiamo che partire dal suo passato. A portare in un affascinante viaggio fra i Miti e l’uso delle parole è stata la scrittrice Antonella del Giudice, tra la rivisitazione dell’idea di Ulisse e la sostanza e il valore della parola Pace.