Animali Fantastici. Vasco Ascolini e Chiara Mazzeri. 2 – 30 aprile 2023. Museo Leone, Vercelli – Italia
Il “mago” da tempo li ammaestra. Sono gli animali fantastici che popolano le immagini di Vasco Ascolini, domatore delle ombre e del buio. Hanno nomi mitici. Sarà forse il simurg, mistico uccello dalle piume arancio metallizzate, quello che vediamo occhieggiare da un fondo indistinto o si tratta invece dell’immortale fenice, che lui resuscita con la luce opaca di una fotografia meraviglia di illusioni, sogno, memoria? Un mondo in cui basterebbe fare un passo, per entrare nell’altrove, complici paure ed illusioni ma il Maestro ci trattiene sull’orlo di ciò che potrebbe ferire, con la sua capacità di far ritornare nell’oscurità gli angeli ed i demoni che vi stavano acquattati, pronti a scatenare il caos. Non libera neppure i felini dal passo danzante che presiedono alle quattro direzioni dello spazio, li tiene a freno, mentre il loro sangue pulsa veloce. Ammansisce a suo piacimento le labili forme che al nostro minimo cedimento possono trasformarsi in altro, cercando con i suoi scatti di riconoscerne il tratto atavico, quasi umano, per blandirli. Ci riesce con l’energia dell’uso assoluto del bianco e nero, capace di svaporare la mente. Nella realtà sono solo animali inanimati, impagliati o scolpiti, fotografati in vari musei nel corso degli anni, con la costanza di una personale, appassionata ricerca. Poesia che sembra arrivare da inquietanti profondità, solcabili non più con la parola scaturita dal nome delle cose, ma con la disperazione di chi naviga nel periglio di mondi incerti, alla ricerca dell’anima. Così la fotografia non ha più limiti di tempo, pelle ed ossa. È una tessitura di luce, di volumi ambigui, dove è l’oscurità la grande adescatrice, luogo in cui galleggiano forme e miti nel cuore stesso della materia.
Con le stesse armi di puntuta intelligenza di mete e di cuore, Chiara Mazzeri cerca nel mondo animale valdostano non solo lo specchio di sé stessa, ma ben altro. Gli animali fotografati diventano talvolta archetipi nascosti che chiedono voce, oppure ci guardano in attesa di essere interpretati in maniera nuova, per rispondere a domande nascoste. Da tempo l’autrice crede che nulla debba essere “perso” ed ha la convinzione che fotografare soggetti anonimi sia un modo per “battezzarli”, dando loro quel nome che può salvarli dall’oblio. Non è un atto per legarsi al Tempo, bensì per coniugarsi meglio alla Parola. Lo scatto rende perpetui gli spazi della mente, dove si può essere nominati in ogni momento, ponendo in una stretta relazione il fotografo ed il fotografato, in grado di evocarsi a vicenda. Il segno sulla foto, una impronta, un occhio, indicano tale genere di sguardo. Nelle immagini scattate al museo di Scienze Naturali di Pavia c’è grande potenza ed un forte impatto emotivo. Si tratta di un bestiario raro ed enigmatico tanto quanto quello del Maestro, che si avvale però di una sorta di “grafica” poetica più razionale. Non è il buio a rivelarli, ma il movimento inatteso della luce o la fissità dei reperti. Cavalli, cervi, scimmie, congelati nell’anonimato del presente, che prendono voce per raccontarsi e raccontarci storie infinite. (testo di Lisa Ci)