DANIELE TAMAGNI. STYLE IS LIFE. 9 febbraio – 1 aprile 2024. PALAZZO MORANDO | COSTUME MODA IMMAGINE, Milano – Italia.

Daniele Tamagni Style Is Life presso Palazzo Morando|Costume Moda Immagine a Milano, curata da Aïda Muluneh e Chiara Bardelli Nonino, promossa e organizzata dalla Daniele Tamagni Foundation in collaborazione con il Comune di Milano, è la prima grande retrospettiva del fotografo milanese, prematuramente scomparso nel 2017 a 42 anni, vincitore di prestigiosi premi internazionali tra cui il Canon Young Photographer Award nel 2007 e il World Press Photo Award nel 2011. L’esposizione presenta un’ampia selezione di reportage realizzati in sette anni di produzione dell’artista. Daniele Tamagni è stato un fotografo di rilievo internazionale: il suo sguardo innovativo ha amalgamato fotogiornalismo, fotografia di strada e moda in uno stile diventato la sua caratteristica. Documentando gli stili e le tendenze della moda di strada, ne ha testimoniato il valore politico, talvolta sovversivo. Immortalando l’orgoglio e la gioia di comunità̀ urbane per le quali “lo stile è vita”, come recita il titolo della mostra, nelle foto di Daniele l’abbigliamento diviene identità. «Daniele ha intrapreso una missione per dimostrare quanto ricco sia il continente africano in termini di diversità̀ e storie non ancora narrate. Daniele si è concentrato su individui ai margini della società̀, su coloro che sfidano le norme, su coloro che aprono la strada ai loro viaggi unici. A mio parere, ha scelto narrazioni strettamente allineate al suo cuore e al suo percorso di vita» sottolinea la co-curatrice Aïda Muluneh.

In mostra 90 fotografie, tra cui alcune del tutto inedite attraverso cui viene offerta una panoramica dei suoi lavori più importanti. Innanzitutto, i sapeurs congolesi della SAPE (Società degli Animatori e delle Persone Eleganti), anche conosciuti come i “dandy” di Bacongo, quartiere di Brazzaville nella Repubblica del Congo. Dalle sue fotografie emergono lo stile e i colori degli abiti indossati, i dettagli degli accessori ma anche il gusto e la gioia di vivere. Sin dalle origini del movimento, all’inizio del Novecento, i sapeurs avevano reinterpretato lo stile dei colonizzatori francesi, esibendosi all’interno delle loro comunità in performance in cui ostentazione, lusso e raffinatezza diventavano strumenti di resistenza culturale. «Daniele aveva scoperto come rendersi invisibile catturando quel momento sublime in cui vita e arte si combinano per creare immagini senza tempo» ricorda Michael Hoppen, la cui galleria a Londra è tra le più qualificate a livello internazionale, e che introdusse l’opera di Tamagni nel mondo del collezionismo. L’affermato stilista inglese Paul Smith, per disegnare la sua collezione primavera-estate del 2010 si ispirò proprio alle fotografie del libro Gentlemen of Bacongo (pubblicato nel 2009 da Trolley Books), ormai divenuto un best seller della fotografia, e che contribuì al riconoscimento dell’International Center of Photography di New York.

Il percorso espositivo presenta poi i metallari del Botswana, un progetto del 2012, nel momento in cui il movimento afrometal era al suo culmine. Ospite di un gruppo heavy metal, creato dai nipoti di uno psicologo italiano che aveva realizzato il principale ospedale per malattie mentali del paese, Tamagni immortala anche la vita quotidiana degli artisti. Attraverso il suo sguardo ne risalta lo stile e gli strumenti, con un sapiente gioco di contrasti ci conduce verso un immaginario “dark africano”, facendoci dimenticare solo per un momento i colori sgargianti dei sapeurs. Ritroviamo la sinfonia di tessuti variopinti nei costumi tradizionali delle lottatriciboliviane, progetto premiato dal World Press Photo. Le cholitas boliviane riconosciute dalla pollera, la particolare gonna che indossano, sfidano la prospettiva tradizionale della divisione dei ruoli di genere portando avanti a livello sociale e politico, forme positive di emancipazione femminile. E, ancora, fotografia di strada con protagoniste le giovani crew urbane di Johannesburg originate in un contesto politico fortemente repressivo, laddove la moda, ancora una volta, offre una forma di riposizionamento identitario, di appartenenza in una società re-immaginata e libera. Con le sue fotografie di “Joburg Style Battles” del 2012 Tamagni avvia delle conversazioni fotografiche, degli esercizi di arte collaborativa in cui rappresenta una scena variegata e vitale tra stile e performance, popolata da dance crews come i Vintage, e sottoculture come gli Smarteez. Il fotografo è riuscito a documentare questo mosaico di storie, stili e persone in cui la moda è strumento per esprimere e rappresentare una libertà duramente conquistata.

Segue la sezione dedicata alla settimana della moda di Dakar, dove Daniele catturò l’intimità e la spontaneità nei backstage delle sfilate e nei laboratori in Senegal. Nel 2012 erano ancora pochi i fotografi internazionali presenti per documentare quello che oggi è l’evento di punta della moda africana.«Daniele voleva capire e fotografare lo stile, quel momento in cui il gusto da radicalmente personale si trasforma in gesto, messaggio. Daniele voleva conoscere i suoi soggetti, intrecciare amicizie, scoprire perché si vestissero in un certo modo, cosa volevano comunicare e a chi», sottolinea Chiara Bardelli Nonino, co-curatrice della mostra. Immagine dopo immagine emerge chiaramente lo sguardo del fotografo che in tutti i suoi lavori ha utilizzato la sua vasta conoscenza dell’arte e la sua passione per la moda e le sottoculture, celebrando le evoluzioni sociali attraverso l’abbigliamento delle nuove generazioni in Africa e in America Latina, la nascita di nuove identità locali nel contesto di un mondo sempre più globalizzato e interconnesso.

Completa l’esposizione una sezione con i lavori dei primi tre vincitori del Daniele Tamagni Grant che, oltre a valorizzare l’eredità artistica di Daniele, si propone di testimoniare il suo legame con l’Africa, sostenendo la formazione di fotografi emergenti, in partnership con il Market Photo Workshop di Johannesburg (Sud Africa). Fondata da David Goldblatt nel 1989, prima della fine dell’apartheid, la scuola rappresenta la principale istituzione formativa africana nel campo della fotografia.