IL MEDITERRANEO IN BARCA con GEORGES SIMENON. Un reportage del padre letterario di Maigret pubblicato da Adelphi di Carlo Di Carluccio
Tutti conoscono la potenza narrativa di Georges Simenon attraverso le sue storie e i suoi personaggi. Chi non ha mai letto un libro, sa chi è il commissario Maigret, interpretato dall’attore Gino Cervi in una Italia con la tv ancora in bianco e nero. Chi invece ama le storie che scavano nelle pieghe oscure dell’animo umano, ha letto almeno uno dei sui numerosi romanzi, pubblicati in Italia da Adelphi. Pochi sanno, però, che Simenon, giornalista, negli anni ’30 ha scritto dei reportage memorabili, dove con poche puntuali pennellate, imprime nella memoria del lettore luoghi geografici, persone, storie.
Il reportage di Georges Simenon, è il resoconto di una lunga crociera nel Mediterraneo che lo scrittore fece fra maggio e settembre del 1934 a bordo di una goletta partita da Porquerolles in Francia e diretta a Tunisi, con tappe all’Elba, Messina, Siracusa e Malta. Inizialmente fu pubblicato, a puntate, dal settimanale “Marianne”. Poi è stato dato alle stampe per intero da Adelphi con il titolo “Il Mediterraneo in barca”, arricchito da fotografie in bianco e nero realizzate dallo stesso autore che amava fotografare (di lui si conservano più di duemila scatti soprattutto dedicati ai viaggi).
Partito da Porquerolles, méta estiva da lui preferita, il 23 maggio del 1934, intraprende l’elaborazione del reportage con questo incipit sorprendente e affascinante: “Il Mediterraneo è… Il Mediterraneo è… Il Mediterraneo… Resto così, con la penna a mezz’aria, in seria difficoltà, come quando da bambino, in piedi davanti alla lavagna, spostavo il peso da una gamba all’altra e intanto cercavo con la coda dell’occhio un compagno compassionevole. Il Mediterraneo è… Eppure una definizione vorrei riuscire a darla; o perlomeno vorrei delimitare sin d’ora il campo delle mie osservazioni, con la stessa facilità con cui ho tracciato sulla carta nautica una linea spezzata che va da Marsiglia a Messina fino al Pireo, da Smirne a Beirut fino a Porto Said, da Malta alla Sardegna, fino a Tunisi, Tangeri, Barcellona. Il Mediterraneo è…”.
Simenon non ha davvero un’unica definizione di Mediterraneo. Infatti nel testo ne troviamo cento, mille, in pagine che non descrivono solo luoghi geografici ma raccontano di volti anonimi, di schiavi, di pescatori, di prostitute, di uomini e donne a volte leggendari. Nel libro ci sono frammenti di storie di emigranti che sembrano scritte oggi: “Il Mediterraneo, quando emigra, porta con sé i suoi odori, le sue spezie, le sue chitarre e una schiera di cugini”. Narrazioni di pescatori, contadini, artigiani che incontra lungo il suo viaggio, attraverso cui Simenon esalta la vita semplice, umile. Essenziale. “Ci sono persone – si legge – che vivono senza sapere di avere dei polmoni, che coltivano i loro campi senza conoscere le borse di Londra o di New York, che comprano asini senza preoccuparsi del loro rendimento in cavalli-vapore, che fabbricano vasi come al tempo dei greci, senza sospettare di star creando dei capolavori, e che mettono al mondo figli senza chiedere al governo se non sia il caso di farsi sterilizzare”.
Per Georges Simenon, in conclusione, dare un’idea di cosa sia il Mediterraneo è fare il suo mestiere di raccontatore di storie. Quelle ascoltate per caso nel suo girovagare tra Napoli, Messina, Malta, Tunisi, quando narra anche della ‘beatitudine’ di rileggere la Bibbia e i classici greci e latini, che comincia ad abitare, perché si trova nei luoghi di questi libri. Per lui infatti il Mediterraneo rappresenta l’essenza stessa della cultura latina, è il mare della Storia e del mito. E l’essenza dell’uomo mediterraneo è nel rapporto con l’altro e nella capacità di accogliere indiscriminatamente, con semplicità e senza retorica: “le genti del mare nostrum sono come i miti che hanno generato, i quali non sono né allegri né tristi, ma analizzano semplicemente la vita umana nei suoi elementi fondamentali”.